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gennaio-maggio 2023

Il progetto, che ha per focus l’educazione all’uso della tecnologia, intende riflettere sulla relazione tra il mondo scientifico e tecnologico e la sfera dell’umano, tra AI=intelligenza artificiale, ovvero la tecnologia, e I=io, per comprendere in che modo questi due mondi possono dialogare, interagire, incontrarsi in modo consapevole e responsabile. È questa la prospettiva educativa dell’approccio cosiddetto STEAM, acronimo di Science, Technology, Engineering, Art and Mathematics: una sinergia di saperi scientifici che mette l’uomo al centro.

Il progetto è nato da una suggestione di Diego Parzani, Dirigente Scolastico dell’IIS Antonietti di Iseo, e realizzato in collaborazione con Gefran Spa, multinazionale italiana specializzata nella progettazione e produzione di sistemi e componenti per l’automazione ed il controllo dei processi industriali.

La comune volontà di promuovere le competenze, di interagire proattivamente con le nuove generazioni, di esprimersi attraverso i linguaggi dell’inclusione, della sostenibilità, della tecnologia, e dell’innovazione rappresentano i presupposti attorno ai quali Gefran e Fondazione Soldano hanno stabilito una “reciprocità” che racconta il presente e guarda al futuro. Giovani e territorio costituiscono dunque le direttrici di un percorso condiviso, che fa parte dell’identità stessa di Gefran e al contempo identifica il dna della Fondazione. Espresso in progetti specifici nei quali la cultura, la creatività e, più in generale, i parametri della contemporaneità definiscono temi, toni e pianificazione di un dialogo che evolve in prospettiva.

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Evento sostenuto da

La voce dei protagonisti

“Così proiettati verso l’uso della tecnologia, molto spesso a noi viene difficile pensare che se ci guardiamo dentro in realtà stiamo facendo un bene a noi stessi. Molte volte abbiamo paura di ciò che potremmo scoprire e del fatto di non essere di in grado di risolvere i nostri problemi. Chi aiuta noi giovani? Prima di questo progetto, queste riflessioni sull’interiorità e sulla ricerca del nostro vero io non le avevamo mai fatte”.

Classe III B, Istituto Tecnico Antonietti (Iseo, BS)

“Mi ha colpito una frase detta dal prof. Mancuso nel corso dell’intervista: ‘Per conoscere se stessi bisogna scendere nella profondità del proprio io’, e con questo si ottiene la capacità di guardarsi, che è fondamentale per andare avanti; in questo spazio ci siamo solo noi e la nostra coscienza, qui si comincia a farsi domande su domande finché non cominciamo a conoscerci. Mi trovo completamente d’accordo con il prof. Mancuso, perché a parer mio la maggior parte dei giovani, e non solo giovani, vive per piacere agli altri, come se fossero nati solo con l’obiettivo di piacere e non piacersi”.

Classe V P, Istituto Professionale Antonietti (Iseo, BS)

“Il prof. Mancuso ci ha chiesto se con le persone riuscissimo a mostrare i veri noi e a dire ciò che pensiamo invece di dire ciò che pensiamo vorrebbero sentire gli altri. Ci ho riflettuto e penso che effettivamente a molti ragazzi come me capiti spesso di non riuscire a dire veramente ciò che pensiamo e dire quello che vorrebbero sentire gli altri, senza esternare le proprie idee reali ed emozioni”.

Classe III A, Istituto Tecnico Einaudi (Chiari, BS)

“Siamo di fronte a qualcosa che non finisce quando si cessa di essere online. Si possono ricevere minacce appena si apre una app, o vivere nel terrore che foto intime circolino in rete senza il proprio consenso. Il tutto con una velocità incredibile: un tweet molesto può generare nel giro di pochi minuti un’ondata d’odio. Le compagnie che gestiscono i social media devono iniziare a prendere seriamente in considerazione questo problema”.

Classe III G, Liceo Scientifico Antonietti (Iseo, BS)

“Noi, giovani studenti/esse, conosciamo i problemi di Internet, la facilità con cui si viola la privacy altrui nel mondo digitale e come altrettanto facilmente possa essere violata la nostra, tuttavia continuiamo a condividere momenti riguardanti la nostra intimità sul web. Forse il web da spazio condiviso è diventato un surrogato della nostra identità e un modo per apparire, mascherando la nostra solitudine interiore. Per questo, come diceva Rousseau, può essere che la tecnologia e il web in questo caso, invece di essere un’opportunità, hanno creato dei bisogni indotti che hanno corrotto l’animo umano”.

Classe IV AD, Istituto Tecnico Gigli (Rovato, BS)

“Nella sua intervista la Dott.ssa Semenzin ha sottolineato il fatto che la diffusione di materiale intimo senza consenso è legato, nella maggior parte dei casi, a questioni di potere che si ricollegano al modello della struttura patriarcale, che pone l’uomo in una posizione di supremazia sulla donna. Questa sua affermazione rimanda, quindi, al problema della disinformazione: spesso, parlando di sottomissione del genere femminile da parte di quello maschile, pensiamo a realtà molto lontane dalla nostra, come ad esempio l’Iran, senza però sapere che tale forma di violenza ci riguarda da molto vicino”.

Classe III G, Liceo Scientifico Antonietti (Iseo, BS)

“Revenge porn, la scelta di difendersi diventa una serie tv”, questo è il titolo di un articolo pubblicato da “Il Sole 24 ore” il 21 febbraio 2023, che afferma: “C’è tutta intera, in questa serie, la battaglia: quella solitaria e intima, quella collettiva. C’è la famiglia (in un’accezione plurale e inclusiva), c’è l’attivismo, c’è la politica. Non ci sono solo personaggi, ma persone, donne e uomini. E sono bellissimi quando insieme tentano di cambiare il mondo, o almeno la declinazione deforme che siamo abituati a darne.” Queste parole, per noi, racchiudono un grande significato: per questo desideriamo condividerle”.

Classe III A, Istituto Tecnico Einaudi (Chiari, BS)

“Nel film che abbiamo visto viene sviluppata una duplice visione del progresso tecnologico: da un lato esso appare estremamente utile ed efficace per il benessere dell’uomo stesso, come nel caso del Pronto Soccorso automatico che fornisce diagnosi e prognosi molto rapidamente e permette di velocizzare poi il lavoro dei medici e degli infermieri negli ospedali; dall’altro esso risulta però negativo, controproducente, quasi paradossalmente regressivo, come notiamo dall’esasperato utilizzo “dell’algoritmo” che condiziona ogni singolo aspetto della vita dei protagonisti. Mi chiedo in che direzione questa dialettica tra effetti positivi e negativi potrà evolversi in futuro”.

Classe IV G, Liceo Scientifico Antonietti (Iseo, BS)

“Inizialmente i ricercatori hanno ritenuto di dover guidare l’intelligenza artificiale, fornendo tutte le istruzioni necessarie per portare a termine qualsiasi compito. Ora, però, ci si rende conto che il mondo reale è pieno di sfumature e quindi è impossibile spiegare in modo totale il mondo ad una macchina. Forse è proprio questo ciò che impedirà un ulteriore sviluppo dell’Intelligenza artificiale”.

Classe IV A, Istituto Tecnico Einaudi (Chiari, BS)

“Dall’intervento della Dott.ssa Sumini ho compreso come ’intelligenza artificiale e, in generale, la tecnologia nello spazio cosmico svolgano un ruolo fondamentale, per esempio per quanto riguarda la riabilitazione muscolare necessaria una volta di ritorno sulla Terra per il recupero del normale stato di salute (dal momento che avvengono alcuni fenomeni come l’allungamento della spina dorsale), ma anche per quanto riguarda l’ambito psicologico, dal momento che le tecnologie avanzate possono svolgere il ruolo di veri e propri psicologi per gli astronauti che si trovano per lungo tempo isolati e lontani da casa”.

Classe III G, Liceo Scientifico Antonietti (Iseo, BS)

“La relazione tra architettura e ambiente è strettamente interconnessa in quanto la prima ha un forte impatto sulla seconda. Perciò è importante che gli architetti considerino l’impatto ambientale delle loro progettazioni e applichino una concezione sostenibile delle costruzioni. Di qui nascono delle riflessioni su come può l’architettura spaziale influenzare il futuro dell’umanità, in termini di sviluppo sostenibile e di adattamento al cambiamento climatico”.

Uttuso Manfredi, classe IV G, Liceo Scientifico Antonietti (Iseo, BS)

“Dall’ultimo incontro è emerso in modo forte come Gefran abbia saputo sfruttare al meglio la tecnologia come supporto per creare o rafforzare i rapporti umani. Si è distinta per la sua mentalità aperta che vede nell’inclusività e nella collaborazione tra generazioni gli elementi chiave per lo sviluppo e il successo dell’azienda. Tutto ciò è sinonimo di una grande attenzione verso il singolo individuo, un elemento molto importante per garante un clima di lavoro positivo, che spesso invece viene purtroppo tralasciato, soprattutto nelle grandi realtà delle multinazionali. “.

Elena Abate, classe III G, Liceo Scientifico Antonietti (Iseo, BS)

“L’unico punto di contatto tra la scuola e il mondo del lavoro è il PCTO, percorso per le competenze trasversali e l’orientamento. Secondo noi potrebbe davvero essere un’ottima occasione per avvicinare gli studenti al mondo del lavoro, ma spesso si rivela un’esperienza poco significativa. Organizzare un progetto che sia formativo ed efficace probabilmente richiederebbe un impegno notevole sia da parte della scuola che delle aziende e ad oggi pensiamo che il sistema scolastico italiano non sia ancora pronto per questo. In base a quanto abbiamo ascoltato con interesse nell’intervista a Gefran, questa azienda pare un piccolo mondo che fa eccezione alla regola, privo di pregiudizi e caratterizzato da rispetto reciproco e libertà di espressione. Il rapporto simbiotico che in Gefran si riesce a costruire con i giovani dipendenti è davvero ammirevole e idilliaco e l’interesse per la crescita professionale, ma anche personale, dei lavoratori risulta lodevole. Abbiamo scoperto, grazie a questo progetto, una bellissima realtà che ci piacerebbe molto poter conoscere e sperimentare di persona”.

Classe IV D, IIS Gigli (Rovato, BS)

“Al giorno d’oggi ‘velocità’ è una delle parole d’ordine: tutto deve essere immediato e rapido. Questo aspetto caratterizza la nostra vita quotidiana, ma non si limita solo ad essa, perché va a influenzare la nostra interiorità, il nostro carattere, ma anche l’ambiente lavorativo. Noi giovani siamo frutto della rivoluzione digitale, abbiamo radicata dentro di noi questa concezione, ma chi è nato prima di noi no. L’incontro tra le generazioni, quindi, è un tema interessante da capire e da gestire”.

Martina Pedrini, classe III G, Liceo Scientifico Antonietti (Iseo, BS)